Anca
Patologie dell’anca e protesi
Protesi d’anca con tecnica mininvasiva: risparmio muscolare e minima cicatrice.
Tempi operatori ridotti e veloce recupero post intervento.
Sviluppatore di protesi d’anca mini invasive non cementate e cementate (unico modello al mondo disponibile sul mercato).
Equipe altamente specializzato nella chirurgia protesica
Oltre 6000 impianti di protesi d’anca e 600 interventi di revisione protesica ad alta complessità (leggi di più)
Protesi d’anca bilaterale (leggi di più)
Vicinanza al paziente dalla prima visita al completo ritorno alla quotidianità
Trentennale esperienza nelle protesi di rivestimento per pazienti sportivi ad alte richieste funzionali (leggi di più)
PERCHE’ VIENE L’ARTROSI?
I dolori articolari sono molto diffusi specie dopo i 40 anni. Si parla di “reumatismi”. Per la precisione le malattie reumatiche sono più di 100; alcune sono rare ma altre come l’artrosi sono molto comuni. A grandi linee possiamo parlare di cause di tipo infiammatorio (artrite) e degenerativo (artrosi).
L’artrosi, volendo un po’ semplificare, consiste nell’usura della cartilagine articolare che può avvenire a seguito di traumi, infezioni, deformità congenite e altro ma per lo più è un processo di usura di cui non conosciamo bene le cause ma che sicuramente riconosce una base genetica; ci sono famiglie nelle quali l’artrosi è molto frequente, altre nelle quali è completamente assente. La cartilagine articolare è un tessuto di colore biancastro formato da cellule (condrociti) e sostanza intercellulare (fibre collagene e mucopolisaccaridi e proteoglicani). Tutti abbiamo visto la cartilagine articolare rivestire le articolazioni di polli e conigli che popolano le nostre tavole. Parimenti tutte le nostre articolazioni sono rivestite di uno strato di cartilagine, da meno di un millimetro nelle piccole articolazioni di mani e piedi fino a oltre 4 millimetri nelle grandi articolazioni quali anca e ginocchio.
La cartilagine articolare possiede una straordinaria resistenza meccanica (in certe situazioni le nostre articolazioni sono sottoposte a carichi di 6-7 volte il peso corporeo (più di 500Kg per un individuo di 80 chili) ed un bassissimo coefficiente di attrito ulteriormente ridotto dalla presenza del liquido sinoviale che agisce come lubrificante all’interno delle articolazioni.
Purtroppo per varie cause la cartilagine si può danneggiare i traumi, le malformazioni congenite e malattie come l’artrite reumatoide (fortunatamente non molto

frequente nel nostro paese) giocano un certo ruolo, ma la maggior parte delle artrosi non è riconducibile a queste cause. Si tratta in questi casi di una predisposizione genetica che ognuno di noi ha e che il progressivo allungarsi della vita media sta mettendo in evidenza. Per spiegarsi meglio quando l’età media era di 50 anni (come all’inizio del secolo scorso) poche persone facevano in tempo ad usurare la propria cartilagine; adesso che la vita media è 80 anni molte persone arrivano a questa età con le cartilagini consumate.
TERAPIA MEDICA E FISICA
La terapia dell’artrosi si avvale di farmaci anti infiammatori che riducono il dolore mediante la riduzione della componente infiammatoria. Gli anti infiammatori si dividono in steroidei (chimicamente simili al cortisone prodotto dal nostro organismo) e non steroidei (i cosiddetti FANS cioè farmaci antinfiammatori non steroidei).
Si può poi ricorrere alle terapie fisiche cioè all’uso di agenti fisici che dall’esterno esplicano un’azione anti infiammatoria, antiedema, antidolorifica e decontratturante sulle articolazioni interessate. Le più usate sono la ionoforesi con anti infiammatori, la laserterapia, la magnetoterapia, la radarterapia, gli ultrasuoni, la tecarterapia e altre.
TERAPIA INFILTRATIVA
Un’altra possibilità terapeutica nell’artrosi dell’anca è costituita dalla iniezione diretta all’interno dell’articolazione di sostanze medicamentose. I farmaci che di solito vengono impiegati sono o derivati di anti infiammatori cortisonici a lunga durata di azione o formulazioni di acido ialuronico a diverso peso molecolare. Quest’ultimo non esplica azione anti infiammatoria ma è un componente naturale del liquido sinoviale; la sua azione è meccanica in quanto lubrifica le cartilagini articolari e biologica in quanto esplica un effetto nutritivo sulle cartilagini danneggiate. L’acido ialuronico può rallentare il processo di invecchiamento delle cartilagini ma non è in grado di far ricrescere le cartilagini usurate. Nell’ambito dell’acido ialuronico vi sono prodotti a peso molecolare più basso per i quali sono consigliati cicli di 5 infiltrazioni. All’aumentare del peso molecolare crescono la viscosità della sostanza ed il costo del prodotto e diminuisce il numero di infiltrazioni necessarie (3 o anche una soltanto per alcuni prodotti).
Negli ultimi 10 anni si è iniziato ad utilizzare per le infiltrazioni anche dei preparati biologici autologhi (cioè prelevati dal corpo del paziente stesso) per il trattamento dell’artrosi. Si possono dividere in due categorie: il PRP (platelet rich plasma) e i preparati derivanti dal tessuto adiposo (grasso).
Per quanto riguarda il PRP prevede un semplice prelievo di sangue venoso e la processazione del sangue con un particolare kit che produrrà un liquido ricco di piastrine che verrà infiltrato nei vari distretti anatomici.
L’iniezione di preparati derivati dal tessuto adiposo prevedono invece una procedura più complessa in cui il paziente viene sottoposto ad anestesia e viene eseguito il prelievo del tessuto adiposo (grasso) dall’addome che viene processato con un particolare kit che permette di ottenere un preparato ricco di cellule mesenchimali che verrà poi infiltrato nei vari distretti.
Il potere meccanico (lubrificante) e biologico (antinfiammatorio) del plasma ricco di piastrine (PRP) e dei derivati del tessuto adiposo al giorno d’oggi è controverso. Consultando la letteratura scientifica si evince che queste tecniche, introdotte negli ultimi anni, danno risultati ancora non univoci per cui il loro impiego non è ancora entrato nel routinario trattamento dell’artrosi.
TERAPIA CHIRURGICA: LE PROTESI D’ANCA
I criteri per decidere a quale paziente impiantare una protesi d’anca hanno subito profonde modificazioni negli ultimi 30 anni. In passato era candidato all’intervento solo un paziente con dolori molto intensi anche a riposo; attualmente vi sono pazienti che si fanno operare per continuare a sciare o giocare a tennis. Questo è dovuto al grande progresso delle prestazioni ottenibili con una protesi d’anca. 30 anni fa a un paziente con protesi d’anca veniva consentito di camminare e andare in bicicletta ma il sollevare pesi, l’accosciarsi e il praticare qualsiasi sport era assolutamente sconsigliato. Attualmente con le protesi di cui disponiamo e con i nuovi materiali possiamo dire che un paziente con una protesi d’anca può condurre una vita assolutamente normale e anche praticare dello sport e lavori pesanti.
L’intervento di sostituzione protesica dell’anca consiste nella sostituzione delle parti dell’articolazione usurate con delle componenti protesiche di vari materiali. Nello specifico l’intervento consiste nella rimozione della cartilagine e dell’osso usurato a livello dell’acetabolo (cavità anatomica presente del bacino) e impianto di un cotile metallico (componente protesica emisferica cava) e di un inserto in polietilene (particolare plastica) o ceramica. Si procede poi a rimozione della testa e del collo del femore usurati che vengono sostituiti dall’impianto di uno stelo metallico e da una testina metallica o di ceramiche che andrà ad articolarsi con il cotile precedentemente impiantato

TECNICHE CHIRURGICHE MINI INVASIVE
Pur trattandosi di interventi chirurgici “maggiori” nel campo della tecnica chirurgica sono stati fatti molti progressi. Il tentativo è quello di realizzare l’intervento in modo sempre meno traumatizzante per il paziente. Come nel campo della chirurgia addominale, in cui attualmente si eseguono con piccole incisioni molti interventi che in passato richiedevano la completa apertura dell’addome, anche la chirurgia ortopedica si muove in questa direzione. Anzi, si può dire che con la chirurgia artroscopica del ginocchio e della spalla per lesioni meniscali e legamentose e la tecnica microchirurgica per il trattamento delle ernie del disco, la chirurgia ortopedica abbia aperto la strada alla cosiddetta chirurgia mini-invasiva. Il fatto più evidente è il risultato estetico di un’incisione più piccola di quella della tecnica tradizionale (circa 10 cm per una protesi d’anca)

Bisogna però dire che in questo tipo di chirurgia l’aspetto più appariscente risulta essere forse meno rilevante rispetto ad aspetti fondamentali qual è la ridotta perdita di sangue (raramente sono necessarie le trasfusioni), la più rapida e meno dolorosa riabilitazione, il miglior risultato funzionale, tutti legati a una più delicata e meno estesa dissezione dei muscoli e dei tessuti.
La chirurgia mini invasiva delle protesi d’anca non va paragonata alla chirurgia artroscopica dove con dei piccoli fori si accede all’articolazione per lavorare all’interno di essa, ma va vista come una evoluzione della tecnica fino ad ora usata. Per attuarla con sicurezza per il paziente sono necessari strumentari dedicati e chirurghi che abbiano maturato una specifica esperienza nel campo. Non è una chirurgia che possa essere improvvisata con un corso di pochi giorni e le complicazioni sono più frequenti in chirurghi che abbiano abbandonato da un giorno all’altro la tecnica classica per la tecnica mini invasiva.
Inoltre va detto che la chirurgia mini invasiva purtroppo non può essere attuata in tutti i casi. Le principali controindicazioni sono costituite dai pazienti obesi, da quelli che presentino gravi deformità e dai casi di sostituzione di protesi d’anca mal funzionanti o usurate.
VARIE TIPOLOGIE DI PROTESI D’ANCA: STELI CORTI O CLASSICI?
Oltre alle novità di tecnica chirurgica anche nel campo dei materiali vi sono grandi novità. Nel campo delle protesi d’anca si cerca di andare verso impianti che sacrifichino la minore quantità di osso possibile, prime fra tutte le protesi di rivestimento rivolte a pazienti sportivi ad altissime richieste funzionali

Qualora la qualità dell’osso, le caratteristiche morfologiche o le normali richieste funzionali non facciano propendere per l’uso della protesi di rivestimento si possono usare steli protesici corti, cosiddetti conservativi, che si fissano nel collo del femore. Di protesi conservative ne esistono vari modelli che stanno dimostrando una affidabilità equivalente ai modelli tradizionali con risultati clinici leggermente superiori per i pazienti, specie se giovani e attivi
Nei pazienti sopra una certa età e nelle gravi deformità si usano tuttora le protesi classiche fissate all’osso con o senza cemento
Ormai da 10 anni, con più di 1000 protesi impiantate, stiamo utilizzando un nuovo stelo cementato corto che presenta dei vantaggi rispetto agli steli cementati tradizionali con un’affidabilità uguale o superiore rispetto agli steli classici e che rappresenta un’anteprima mondiale in quanto si tratta dell’unico stelo cementato corto sul mercato
