Dott. Luca Marega

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Anca

Patologie dell’anca e protesi

  • Protesi d’anca con tecnica mininvasiva: risparmio muscolare e minima cicatrice.

  • Tempi operatori ridotti e veloce recupero post intervento.

  • Sviluppatore di protesi d’anca mini invasive non cementate e cementate (unico modello al mondo disponibile sul mercato).

  • Equipe altamente specializzato nella chirurgia protesica

  • Oltre 6000 impianti di protesi d’anca e 600 interventi di revisione protesica ad alta complessità  (leggi di più)

  • Protesi d’anca bilaterale (leggi di più)

  • Vicinanza al paziente dalla prima visita al completo ritorno alla quotidianità

  • Trentennale esperienza nelle protesi di rivestimento per pazienti sportivi ad alte richieste funzionali (leggi di più)

PERCHE’ VIENE L’ARTROSI?   


I dolori articolari sono molto diffusi specie dopo i 40 anni. Si parla di “reumatismi”. Per la precisione le malattie reumatiche sono più di 100; alcune sono rare ma altre come l’artrosi sono molto comuni. A grandi linee possiamo parlare di cause di tipo infiammatorio (artrite) e degenerativo (artrosi).

L’artrosi, volendo un po’ semplificare, consiste nell’usura della cartilagine articolare che può avvenire a seguito di traumi, infezioni, deformità congenite e altro ma per lo più è un processo di usura di cui non conosciamo bene le cause ma che sicuramente riconosce una base genetica; ci sono famiglie nelle quali l’artrosi è molto frequente, altre nelle quali è completamente assente. La cartilagine articolare è un tessuto di colore biancastro formato da cellule (condrociti) e sostanza intercellulare (fibre collagene e mucopolisaccaridi e proteoglicani). Tutti abbiamo visto la cartilagine articolare rivestire le articolazioni di polli e conigli che popolano le nostre tavole. Parimenti tutte le nostre articolazioni sono rivestite di uno strato di cartilagine, da meno di un millimetro nelle piccole articolazioni di mani e piedi fino a oltre 4 millimetri nelle grandi articolazioni quali anca e ginocchio.

La cartilagine articolare possiede una straordinaria resistenza meccanica (in certe situazioni le nostre articolazioni sono sottoposte a carichi di 6-7 volte il peso corporeo (più di 500Kg per un individuo di 80 chili) ed un bassissimo coefficiente di attrito ulteriormente ridotto dalla presenza del liquido sinoviale che agisce come lubrificante all’interno delle articolazioni.

Purtroppo per varie cause la cartilagine si può danneggiare i traumi, le malformazioni congenite e malattie come l’artrite reumatoide (fortunatamente non molto 

anca
Anca sana e artrosica

 frequente nel nostro paese) giocano un certo ruolo, ma la maggior parte delle artrosi non è riconducibile a queste cause. Si tratta in questi casi di una predisposizione genetica che ognuno di noi ha e che il progressivo allungarsi della vita media sta mettendo in evidenza. Per spiegarsi meglio quando l’età media era di 50 anni (come all’inizio del secolo scorso) poche persone facevano in tempo ad usurare la propria cartilagine; adesso che la vita media è 80 anni molte persone arrivano a questa età con le cartilagini consumate.

TERAPIA MEDICA E FISICA

La terapia dell’artrosi si avvale di farmaci anti infiammatori che riducono il dolore mediante la riduzione della componente infiammatoria. Gli anti infiammatori si dividono in steroidei (chimicamente simili al cortisone prodotto dal nostro organismo) e non steroidei (i cosiddetti FANS cioè farmaci antinfiammatori non steroidei).

Si può poi ricorrere alle terapie fisiche cioè all’uso di agenti fisici che dall’esterno esplicano un’azione anti infiammatoria, antiedema, antidolorifica e decontratturante sulle articolazioni interessate. Le più usate sono la ionoforesi con anti infiammatori, la laserterapia, la magnetoterapia, la radarterapia, gli ultrasuoni, la tecarterapia e altre.

TERAPIA INFILTRATIVA

Un’altra possibilità terapeutica nell’artrosi dell’anca è costituita dalla iniezione diretta all’interno dell’articolazione di sostanze medicamentose. I farmaci che di solito vengono impiegati sono o derivati di anti infiammatori cortisonici a lunga durata di azione o formulazioni di acido ialuronico a diverso peso molecolare. Quest’ultimo non esplica azione anti infiammatoria ma è un componente naturale del liquido sinoviale; la sua azione è meccanica in quanto lubrifica le cartilagini articolari e biologica in quanto esplica un effetto nutritivo sulle cartilagini danneggiate. L’acido ialuronico può rallentare il processo di invecchiamento delle cartilagini ma non è in grado di far ricrescere le cartilagini usurate. Nell’ambito dell’acido ialuronico vi sono prodotti a peso molecolare più basso per i quali sono consigliati cicli di 5 infiltrazioni.  All’aumentare del peso molecolare crescono la viscosità della sostanza ed il costo del prodotto e diminuisce il numero di infiltrazioni necessarie (3 o anche una soltanto per alcuni prodotti).

Negli ultimi 10 anni si è iniziato ad utilizzare per le infiltrazioni anche dei preparati biologici autologhi (cioè prelevati dal corpo del paziente stesso) per il trattamento dell’artrosi. Si possono dividere in due categorie: il PRP (platelet rich plasma) e i preparati derivanti dal tessuto adiposo (grasso).

Per quanto riguarda il PRP prevede un semplice prelievo di sangue venoso e la processazione del sangue con un particolare kit che produrrà un liquido ricco di piastrine che verrà infiltrato nei vari distretti anatomici.

L’iniezione di preparati derivati dal tessuto adiposo prevedono invece una procedura più complessa in cui il paziente viene sottoposto ad anestesia e viene eseguito il prelievo del tessuto adiposo (grasso) dall’addome che viene processato con un particolare kit che permette di ottenere un preparato ricco di cellule mesenchimali che verrà poi infiltrato nei vari distretti.

Il potere meccanico (lubrificante) e biologico (antinfiammatorio) del plasma ricco di piastrine (PRP) e dei derivati del tessuto adiposo al giorno d’oggi è controverso. Consultando la letteratura scientifica si evince che queste tecniche, introdotte negli ultimi anni, danno risultati ancora non univoci per cui il loro impiego non è ancora entrato nel routinario trattamento dell’artrosi.

TERAPIA CHIRURGICA: LE PROTESI D’ANCA

I criteri per decidere a quale paziente impiantare una protesi d’anca hanno subito profonde modificazioni negli ultimi 30 anni. In passato era candidato all’intervento solo un paziente con dolori molto intensi anche a riposo; attualmente vi sono pazienti che si fanno operare per continuare a sciare o giocare a tennis. Questo è dovuto al grande progresso delle prestazioni ottenibili con una protesi d’anca. 30 anni fa a un paziente con protesi d’anca veniva consentito di camminare e andare in bicicletta ma il sollevare pesi, l’accosciarsi e il praticare qualsiasi sport era assolutamente sconsigliato. Attualmente con le protesi di cui disponiamo e con i nuovi materiali possiamo dire che un paziente con una protesi d’anca può condurre una vita assolutamente normale e anche praticare dello sport e lavori pesanti.

L’intervento di sostituzione protesica dell’anca consiste nella sostituzione delle parti dell’articolazione usurate con delle componenti protesiche di vari materiali. Nello specifico l’intervento consiste nella rimozione della cartilagine e dell’osso usurato a livello dell’acetabolo (cavità anatomica presente del bacino) e impianto di un cotile metallico (componente protesica emisferica cava) e di un inserto in polietilene (particolare plastica) o ceramica. Si procede poi a rimozione della testa e del collo del femore usurati che vengono sostituiti dall’impianto di uno stelo metallico e da una testina metallica o di ceramiche che andrà ad articolarsi con il cotile precedentemente impiantato

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componenti protesi d'anca

TECNICHE CHIRURGICHE MINI INVASIVE

Pur trattandosi di interventi chirurgici “maggiori” nel campo della tecnica chirurgica sono stati fatti molti progressi. Il tentativo è quello di realizzare l’intervento in modo sempre meno traumatizzante per il paziente. Come nel campo della chirurgia addominale, in cui attualmente si eseguono con piccole incisioni molti interventi che in passato richiedevano la completa apertura dell’addome, anche la chirurgia ortopedica si muove in questa direzione. Anzi, si può dire che con la chirurgia artroscopica del ginocchio e della spalla per lesioni meniscali e legamentose e la tecnica microchirurgica per il trattamento delle ernie del disco, la chirurgia ortopedica abbia aperto la strada alla cosiddetta chirurgia mini-invasiva. Il fatto più evidente è il risultato estetico di un’incisione più piccola di quella della tecnica tradizionale (circa 10 cm per una protesi d’anca)

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incisione in protesi d'anca con tecnica mini invasiva

Bisogna però dire che in questo tipo di chirurgia l’aspetto più appariscente risulta essere forse meno rilevante rispetto ad aspetti fondamentali qual è la ridotta perdita di sangue (raramente sono necessarie le trasfusioni), la più rapida e meno dolorosa riabilitazione, il miglior risultato funzionale, tutti legati a una più delicata e meno estesa dissezione dei muscoli e dei tessuti.

La chirurgia mini invasiva delle protesi d’anca non va paragonata alla chirurgia artroscopica dove con dei piccoli fori si accede all’articolazione per lavorare all’interno di essa, ma va vista come una evoluzione della tecnica fino ad ora usata. Per attuarla con sicurezza per il paziente sono necessari strumentari dedicati e chirurghi che abbiano maturato una specifica esperienza nel campo. Non è una chirurgia che possa essere improvvisata con un corso di pochi giorni e le complicazioni sono più frequenti in chirurghi che abbiano abbandonato da un giorno all’altro la tecnica classica per la tecnica mini invasiva.

Inoltre va detto che la chirurgia mini invasiva purtroppo non può essere attuata in tutti i casi. Le principali controindicazioni sono costituite dai pazienti obesi, da quelli che presentino gravi deformità e dai casi di sostituzione di protesi d’anca mal funzionanti o usurate.

VARIE TIPOLOGIE DI PROTESI D’ANCA: STELI CORTI O CLASSICI?

Oltre alle novità di tecnica chirurgica anche nel campo dei materiali vi sono grandi novità. Nel campo delle protesi d’anca si cerca di andare verso impianti che sacrifichino la minore quantità di osso possibile, prime fra tutte le protesi di rivestimento rivolte a pazienti sportivi ad altissime richieste funzionali

protesi di rivestimento BHR

Qualora la qualità dell’osso, le caratteristiche morfologiche o le normali richieste funzionali non facciano propendere per l’uso della protesi di rivestimento si possono usare steli protesici corti, cosiddetti conservativi, che si fissano nel collo del femore. Di protesi conservative ne esistono vari modelli che stanno dimostrando una affidabilità equivalente ai modelli tradizionali con risultati clinici leggermente superiori per i pazienti, specie se giovani e attivi 

 Nei pazienti sopra una certa età e nelle gravi deformità si usano tuttora le protesi classiche fissate all’osso con o senza cemento

Ormai da 10 anni, con più di 1000 protesi impiantate, stiamo utilizzando un nuovo stelo cementato corto che presenta dei vantaggi rispetto agli steli cementati tradizionali con un’affidabilità uguale o superiore rispetto agli steli classici e che rappresenta un’anteprima mondiale in quanto si tratta dell’unico stelo cementato corto sul mercato

stelo femorale corto cementato
stelo femorale corto cementato

PROTESI BILATERALE

In casi selezionati, in cui il paziente sia affetto da artrosi/necrosi dell’anca bilateralmente, a condizione che sia un paziente in buona salute, relativamente giovane e con una patologia alle anche invalidante allo stesso modo a destra e a sinistra si può optare per un intervento di protesi d’anca bilaterale durante lo stesso intervento chirurgico. Eseguendo tale operazione il paziente avrà un immediato beneficio dal dolore e dalla migliorata funzionalità di entrambe le anche sottoponendosi ad un unico intervento chirurgico e risolvendo definitivamente il problema. Tale operazione ha numerosi vantaggi al prezzo di una riabilitazione leggermente più lenta

MATERIALI E DURATA

In passato e ancora oggi si sente spesso dire che le protesi articolari durano 10 anni e poi vanno sostituite. Questo era vero per le protesi metallo-polietilene di vecchia generazione che attualmente non vengono più usate. Il polietilene di nuova generazione, accoppiato a testine in metallo, metallo ceramizzato (Oxinium) o ceramica garantiscono una durata almeno 3 volte superiore a quelle delle protesi storiche e quindi sono in grado di coprire anche tutta la vita del paziente. In pazienti particolarmente giovani si possono usare protesi ceramica-ceramica o in casi selezionati le protesi di rivestimento che realizzano un accoppiamento metallo-metallo.

In conclusione si può dire che oggi nei centri specializzati, a ogni paziente in base all’età, alle richieste funzionali, alla forma dell’osso e alla sua robustezza si sceglie la protesi più adatta che deve dare le migliori prestazioni possibili e, salvo eventi eccezionali quali fratture o infezioni, durare per tutta la vita del paziente senza necessità di essere sostituita.

DAL 2° INTERVENTO IN POI, LE REVISIONI DI PROTESI D’ANCA E LA CHIRURGIA AD ALTA COMPLESSITA’

Se già nel primo intervento di protesi d’anca la scelta del chirurgo risulta fondamentale per una buona riuscita della procedura, nella revisione di protesi già impiantante che necessitino di un secondo, terzo ecc. intervento chirurgico l’abilità e l’esperienza del chirurgo e della propria equipe sono assolutamente imprescindibili per un intervento di successo.

Una protesi può necessitare di una revisione del primo interventi chirurgico per diverse motivazioni: usura dei materiali impiantanti numerosi anni prima, mobilizzazione delle componenti protesiche in presenza o assenza di un’infezione, fratture peri-protesiche occorse a seguito di cadute accidentali, mal posizionamento delle componenti e lussazioni recidivanti ecc.

Indipendentemente dalla causa che porta ad un secondo intervento di protesi d’anca la procedura risulta essere sicuramente più complessa e sia per il chirurgo che per il paziente. Il primo per il fatto di dover affrontare diverse problematiche legate alla causa che ha portato alla revisione e il paziente per il fatto di dover affrontare un intervento di maggior durata, con maggiori rischi operatori e con un percorso di riabilitazione più lungo.

Con oltre 600 interventi di revisione protesica d’anca, mi occupo da 30 anni di questa chirurgia ad alta complessità continuando ad affinare la tecnica e raggiungendo sempre di più risultati eccezionali in casi considerati molte volte senza più speranze.

L’esperienza, le tecniche più all’avanguardia, un’equipe interdisciplinare e protocolli standardizzati e rigorosi permettono di raggiungere ottimi risultati raccogliendo un bacino di pazienti da tutta l’Italia.

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