Ginocchio
Patologie del ginocchio e protesi
Protesi di ginocchio con tecnica a risparmio dei tessuti : risparmio legamentoso e minor cicatrice
Recupero rapido e deambulazione precoce
Sviluppatore di una protesi di ginocchio dal disegno innovativo per riprodurre la complessa cinematica del ginocchio
Esperto nell’impianto di protesi mono-compartimentali (leggi di più)
Esperto nella protesica robotizzata di ginocchio (leggi di più)
CHE COS’E’ L’ARTROSI?
Si sente dire spesso la frase : ”Ho tanti dolori, sarà l’artrosi”. In realtà le cause di dolore articolare sono molte, ma a grandi linee possiamo parlare di cause di tipo infiammatorio (artrite) e degenerativo (artrosi). L’artrosi, volendo un po’ semplificare, consiste nell’usura della cartilagine articolare. La cartilagine articolare è un tessuto di colore biancastro formato da cellule (condrociti) e sostanza intercellulare (fibre collagene e mucopolisaccaridi e proteoglicani). Tutti abbiamo visto la cartilagine articolare rivestire le articolazioni di polli e conigli che popolano le nostre tavole.
Parimenti tutte le nostre articolazioni sono rivestite di uno strato di cartilagine, da meno di un millimetro nelle piccole articolazioni di mani e piedi fino a oltre 4 millimetri nelle grandi articolazioni quali anca e ginocchio. La cartilagine articolare possiede una straordinaria resistenza meccanica (in certe situazioni le nostre articolazioni sono sottoposte a carichi di 6-7 volte il peso corporeo più di 500 Kg per un individuo di 80 chili) ed un bassissimo coefficiente di attrito ulteriormente ridotto dalla presenza del liquido sinoviale che agisce come lubrificante all’interno delle articolazioni.
Purtroppo per varie cause la cartilagine si può danneggiare
i traumi, le malformazioni congenite quali il ginocchio varo e valgo e malattie come l’artrite reumatoide (fortunatamente non molto frequente nel nostro paese) giocano un certo ruolo, ma la maggior parte delle artrosi non è riconducibile a queste cause.
Si tratta in questi casi di una predisposizione genetica che ognuno di noi ha e che il progressivo allungarsi della vita media sta mettendo in evidenza. Per spiegarsi meglio quando l’età media era di 50 anni (come all’inizio del secolo scorso ) poche persone facevano in tempo ad usurare la propria cartilagine; adesso che la vita media è 80 anni molte persone arrivano a questa età con le cartilagini consumate.
TERAPIA MEDICA E FISICA
La terapia dell’artrosi si avvale di farmaci anti infiammatori che riducono il dolore mediante la riduzione della componente infiammatoria. Gli anti infiammatori si dividono in steroidei (chimicamente simili al cortisone prodotto dal nostro organismo) e non steroidei (i cosiddetti FANS cioè farmaci antinfiammatori non steroidei).
Si può poi ricorrere alle terapie fisiche cioè all’uso di agenti fisici che dall’esterno esplicano un’azione anti infiammatoria, antiedema, antidolorifica e decontratturante sulle articolazioni interessate. Le più usate sono la ionoforesi con anti infiammatori , la laserterapia, la magnetoterapia, la radarterapia, gli ultrasuoni, la tecarterapia e altre.
TERAPIA INFILTRATIVA
Un’altra possibilità terapeutica nell’artrosi dell’anca è costituita dalla iniezione diretta all’interno dell’articolazione di sostanze medicamentose. I farmaci che di solito vengono impiegati sono o derivati di anti infiammatori cortisonici a lunga durata di azione o formulazioni di acido ialuronico a diverso peso molecolare. Quest’ultimo non esplica azione anti infiammatoria ma è un componente naturale del liquido sinoviale; la sua azione è meccanica in quanto lubrifica le cartilagini articolari e biologica in quanto esplica un effetto nutritivo sulle cartilagini danneggiate. L’acido ialuronico può rallentare il processo di invecchiamento delle cartilagini ma non è in grado di far ricrescere le cartilagini usurate. Nell’ambito dell’acido ialuronico vi sono prodotti a peso molecolare più basso per i quali sono consigliati cicli di 5 infiltrazioni. All’aumentare del peso molecolare crescono la viscosità della sostanza ed il costo del prodotto e diminuisce il numero di infiltrazioni necessarie (3 o anche una soltanto per alcuni prodotti ).
Negli ultimi 10 anni si è iniziato ad utilizzare per le infiltrazioni anche dei preparati biologici autologhi (cioè prelevati dal corpo del paziente stesso) per il trattamento dell’artrosi. Si possono dividere in due categorie: il PRP (platelet rich plasma) e i preparati derivanti dal tessuto adiposo (grasso).
Per quanto riguarda il PRP prevede un semplice prelievo di sangue venoso e la processazione del sangue con un particolare kit che produrrà un liquido ricco di piastrine che verrà infiltrato nei vari distretti anatomici.
L’iniezione di preparati derivati dal tessuto adiposo prevedono invece una procedura più complessa in cui il paziente viene sottoposto ad anestesia e viene eseguito il prelievo del tessuto adiposo (grasso) dall’addome che viene processato con un particolare kit che permette di ottenere un preparato ricco di cellule mesenchimali che verrà poi infiltrato nei vari distretti.
Il potere lubrificante del plasma ricco di piastrine (PRP) e dei derivati del tessuto adiposo al giorno d’oggi è controverso. Consultando la letteratura scientifica si evince che queste tecniche, introdotte negli ultimi anni, danno risultati ancora non univoci per cui il loro impiego non è ancora entrato nel routinario trattamento dell’artrosi.
Va detto che oggigiorno molti pazienti anche in età avanzata non sono disposti a ridurre la propria attività oltre certi limiti; si può rinunciare a correre la maratona ma curare il giardino e fare una passeggiata sono cose che fanno parte del benessere psicofisico di una persona. Nei casi nei quali le suddette terapie non siano efficaci nel controllare il dolore e la limitazione funzionale si possono prendere in considerazione l’intervento di protesi di ginocchio.
LA TERAPIA CHIRURGICA: LA PROTESI DI GINOCCHIO
I criteri per decidere a quale paziente impiantare una protesi di ginocchio hanno subito profonde modificazioni negli ultimi 20 anni. In passato era candidato all’intervento solo un paziente con dolori molto intensi anche a riposo, impossibilità di fare le scale e di camminare per più di qualche decina di metri; attualmente vi sono pazienti che si fanno operare per continuare a giocare a golf, andare in bicicletta o camminare in montagna, eccezionalmente in pazienti giovani e sportivi anche la ripresa di attività sportiva intensa è consentita
Pur trattandosi di interventi chirurgici “maggiori” nel campo della tecnica chirurgica sono stati fatti molti progressi. Il tentativo è quello di realizzare l’intervento in modo sempre meno traumatizzante per il paziente. Come nel campo della chirurgia addominale, in cui attualmente si eseguono con piccole incisioni molti interventi che in passato richiedevano la completa apertura dell’addome, anche la chirurgia ortopedica si muove in questa direzione. Il fatto più evidente è il risultato estetico di un’incisione più piccola di quella della tecnica tradizionale (circa 14 cm per una protesi di ginocchio rispetto a più di 20 per la tecnica tradizionale ).
Bisogna però dire che in questo tipo di chirurgia l’aspetto più appariscente risulta essere forse meno rilevante rispetto ad aspetti fondamentali qual è la ridotta perdita di sangue (raramente sono necessarie le trasfusioni), la più rapida e meno dolorosa riabilitazione, il miglior risultato funzionale tutti legati a una più delicata e meno estesa dissezione dei tessuti.
La chirurgia mini invasiva delle protesi di ginocchio non va paragonata alla chirurgia artroscopica dove con dei piccoli fori si accede all’articolazione per lavorare all’interno di essa, ma va vista come una evoluzione della tecnica fino ad ora usata. Per attuarla con sicurezza per il paziente sono necessari strumentari dedicati e chirurghi che abbiano maturato una specifica esperienza nel campo. Non è una chirurgia che possa essere improvvisata con un corso di pochi giorni e le complicazioni sono più frequenti in chirurghi che abbiano abbandonato da un giorno all’altro la tecnica classica per la tecnica mini invasiva. Inoltre va detto che la chirurgia mini invasiva purtroppo non può essere attuata in tutti i casi. Le principali controindicazioni sono costituite dai pazienti obesi, da quelli che presentino gravi deformità e dai casi di sostituzione di protesi di ginocchio mal funzionanti o usurate.
L’intervento di sostituzione protesica del ginocchio consiste nella resezione delle superfici ossee e cartilaginee usurate a livello del femore e della tibia, rimozione dei menischi e preparazione dei tessuti molli per l’impianto di uno scudo metallico che riveste il femore e un piatto tibiale metallico che riveste la tibia con l’interposizione tra i due di un inserto in polietilene (particolare plastica)
Esistono diverse tipologie di protesi di ginocchio che possono essere divise in due grandi categorie: le protesi CR (cruciate retaining) e PS (posterior stabilized)
Le protesi CR vengono impiantate quando si riscontra l’integrità del crociato posteriore e si utilizzano in pazienti con articolazioni senza gravi deformità o particolari instabilità. Sono protesi che danno un’ottima articolarità post-chirurgica e ottimi risultati funzinali. Un’evoluzione delle protesi CR è la protesi KR (kinematic retaining) che il Dr. Marega ha contribuito a sviluppare insieme ad ingegneri e altri chirurghi che riproduce fedelmente l’anatomia del ginocchio ottenendo un recupero funzionale più rapido e un’articolarità ancora migliore. L’impianto di oltre 1000 protesi di questa tipologia negli ultimi anni dimostrano l’assoluta sicurezza e ottima funzionalità di questa protesi.
Le protesi PS, invece, sono protesi che utilizzano un’inserto di polietilene con una sporgenza che guida il movimento delle due componenti protesiche. Esse hanno dimostrato degli ottimi risultati e vengono utilizzate in paziente con legamento crociato posteriore lesionato o con una certa instabilità legamentosa pre-intervento.
Nel campo delle protesi di ginocchio l’evoluzione dei materiali è stata più lenta che nel campo delle protesi d’anca perché la forma dell’articolazione molto più complessa non consente di utilizzare materiali duri come la ceramica; nonostante questo dei progressi ci sono stati.
Sicuramente grandi passi avanti sono stati fatti sulla resistenza del polietilene (plastica che si interpone tra le due componenti metalliche. Senza scendere in dettagli tecnici su come viene prodotto il polietilene possiamo dire che le componenti tibiali di ultima generazione possono garantire una durata dell’impianto di circa 30 anni per un uso normale in assenza di complicazioni. Questo consente di proporre l’intervento di protesi di ginocchio anche a pazienti relativamente giovani con gravi disabilità.
LE PROTESI MONOCOMPARTIMENTALI
Oltre ai progressi relativi ai materiali si sono fatti molti progressi anche nel disegno delle protesi; le protesi totali hanno forme sempre più simili al ginocchio normale consentendo una funzionalità sempre più vicina a quella di un ginocchio normale. Inoltre esistono protesi cosiddette monocompartimentali che consentono di sostituire solo la parte usurata del ginocchio ottenendo un risultato clinico migliore al prezzo di un intervento più piccolo. In casi selezionati (deformità non eccessive, usura del ginocchio limitata a un compartimento e integrità dei legamenti crociati) sono indicate le protesi monocompartimentali. Esse consentono di essere impiantate con un’incisione più piccola (circa 10 cm), consentono un recupero più rapido, una maggiore flessione ed articolarità del ginocchio. Stante la grande variabilità dei risultati clinici e della sopravvivenza tra i vari tipi di protesi monocompartimentali, vanno usate esclusivamente protesi con follow up lunghi e comprovata affidabilità. Purtroppo la sopravvivenza a lungo termine delle protesi monocompartimentali non ha ancora raggiunto quella delle protesi totali per cui è necessario valutare bene l’età del paziente prima di procedere a tale intervento chirurgico.
In conclusione si può dire che oggi nei centri specializzati, a ogni paziente in base all’età, alle richieste funzionali, alla forma dell’osso e alla sua robustezza si sceglie la protesi più adatta che deve dare le migliori prestazioni possibili e, salvo eventi eccezionali quali fratture o infezioni, l’impianto durerà per tutta la vita del paziente senza necessità di essere sostituita.